venerdì 12 marzo 2021

Sapere, Libertà, Mondo. La strada di Pippo Morelli (conversazione con Francesco Niccolai) Centro Studi Donati

Tratto da: “Sapere, Libertà, Mondo. La strada di Pippo Morelli” - Dibattito Democratico - Centro Studi Donati 



Conversazione con Francesco Lauria

Conversazione a margine del libro di un autore pistoiese d’adozione: Francesco Lauria. Lo incontriamo alla vigilia dell’uscita nelle librerie del volume: “Sapere, Libertà, Mondo. La strada di Pippo Morelli”, pubblicato Edizioni Lavoro.

Come nasce questo libro incentrato su Pippo Morelli, una figura quasi dimenticata del sindacalismo italiano?

Mi sono imbattuto in Pippo Morelli, piuttosto casualmente, mentre studiavo la storia dell’Flm (la potente federazione unitaria dei lavoratori metalmeccanici che ebbe il suo apice negli anni Settanta) e la bellissima vicenda delle lotte che portarono, nel 1973, alle 150 ore per il diritto allo studio. Fu una grande conquista contrattuale che andava ben oltre il salario e che permise a oltre un milione e mezzo di lavoratori e lavoratrici italiani di conseguire un titolo di studio da adulti e, soprattutto, di sperimentare una didattica inclusiva e non gerarchica, approfondendo anche le questioni legate all’organizzazione del lavoro e alla salute e sicurezza in fabbrica.

Gli scritti di Morelli, che fu segretario nazionale dell’Flm e ideatore, con Bruno Trentin, delle 150 ore, mi affascinavano e cominciai quindi a chiedermi dove fosse finito, come mai sembrava non vi fosse più traccia di lui. Persino più che in Vittorio Foa, che mi aveva affascinato fin dagli anni dell’università, intuivo in Morelli, qualcosa di speciale, unico: un intreccio di radicalità e di visione, di intraprendenza organizzativa e di capacità di anticipare il futuro, di fede e di libertà, che mi stupivano, mi accarezzavano e mi spronavano ogni volta che lo leggevo. Certo, c’era anche la sua inquietudine ostinata in cui tanto mi riconoscevo e la sua capacità di non accontentarsi mai, di non essere troppo incline al compromesso, soprattutto sui valori etici. Di “accendere fuochi” senza sosta.

Come trovasti la risposta alla sua scomparsa pubblica?

All’epoca ero molto giovane e facevo il ricercatore al Cesos, Centro di Studi Sociali e Sindacali, un istituto di ricerca autonomo, ma promosso dalla Cisl, lo stesso sindacato di provenienza di Pippo Morelli.

Mi occupavo soprattutto di integrazione sociale e lavorativa degli immigrati e avevo come responsabile un altro grande sindacalista ex metalmeccanico, Domenico Paparella, che con Morelli aveva collaborato molto, in particolare nel supporto alla contrattazione aziendale. Fu lui a raccontarmi che Pippo Morelli era stato colpito da un grave ictus all’inizio di marzo del 1993 di ritorno da un viaggio di cooperazione sindacale nelle periferie brasiliane e che da allora aveva sostanzialmente perso la parola e dovuto azzerare i propri impegni sociali e sindacali.

Fu così, gradualmente, che decisi di impegnarmi a “restituire” la parola a questo grande “protagonista inavvertito” del Novecento e iniziai la mia ricerca, interrotta più volte, sulle sue tracce, sulla sua strada.

Un cammino sindacale che comincia e termina sulle colline di Fiesole, dove, dal 1953, sorge il Centro Studi Nazionale della Cisl…

Morelli che proveniva da Reggio Emilia, si era laureato presso l’Università Cattolica di Milano con Mario Romani, lo studioso di riferimento della confederazione guidata, allora, da Giulio Pastore.

Rifiutò le proposte di carriera accademica e fu chiamato a frequentare, proprio a Fiesole, un corso “esperti” unico del suo genere cui erano stati coinvolti, con una borsa di studio, giovani laureati che avrebbero dovuto supportare sul campo una delle grandi intuizioni della confederazione cislina, la contrattazione aziendale.

Allora, eravamo nel 1956-1957, di fatto in Italia la contrattazione a livello d’impresa non esisteva. Attraverso la formazione si cercava di fornire ai sindacalisti gli strumenti per trasformare la realtà e i rapporti di forza con le aziende. Morelli fu tra i protagonisti di quella fase e dopo un periodo in cui fece l’assistente presso il Centro Studi Cisl di Firenze si trasferì a Milano, dove iniziò il suo importante sodalizio con Pierre Carniti e con la Fim Cisl.  Trent’anni dopo, al Centro Studi di Firenze, fino alle fine del 1989, Morelli terminò il suo impegno attivo nel sindacato, come direttore. Vi passò anche di ritorno dal Brasile in quel marzo 1993 proprio il giorno prima dell’insorgere della sua terribile malattia.

Raccontiamo altri passaggi importanti della vita sindacale e sociale di Morelli all’interno delle grandi vicende del nostro Paese…

Il trasferimento a Milano coincise con l’incontro con un sindacato in subbuglio, con grandi energie giovanili e che cominciava a sperimentare l’unità di azione tra cattolici, socialisti, comunisti. Meglio: tra lavoratori e tra lavoratrici, innanzitutto.

La Fim di Carniti, che a Milano aveva anche la propria sede nazionale, fu un eccezionale laboratorio di innovazione, laicità, autonomia, mobilitazione. Nuova cultura. Presto, siamo nella prima metà degli anni Sessanta, il sindacato, pur ancora in assenza dello Statuto dei Lavoratori, cominciò a diffondersi a macchia d’olio nelle fabbriche, a conquistare dignità e diritti, rappresentanza e democrazia.

Non per legge, ma grazie al proprio essere associazione, sempre più aperta, sempre più inclusiva. Fu in questo contesto che, nella Fim e nella Cisl di Milano, si sviluppò la prima stagione di Morelli sindacalista e fu in questo contesto che Morelli valorizzò una sua grande passione che proveniva anche dalla sua matrice scout: quella per la formazione degli adulti.

Incontrò gli allievi di Don Lorenzo Milani che in quegli anni animavano i sindacati tessili e metalmeccanici in Lombardia e fu decisivo per la diffusione, nel sindacato, di un testo fondamentale come “Lettera a una professoressa”. Fu così che Morelli, insieme a Luigino Bruni e Luciano Pero, si rese protagonista, a partire dalla formazione, dell’incontro tra giovani operai e studenti, a cavallo delle grandi mobilitazioni del 1968 e del 1969.

Il sindacato italiano scopriva l’autonomia e il percorso verso l’unità, ma iniziavano anche il periodo delle stragi e del terrorismo…

Il 1969 fu un anno entusiasmante e, allo stesso tempo molto difficile. Il contratto nazionale dei metalmeccanici che rimarrà nella storia fu firmato, ad esempio, solo pochi giorni dopo la tremenda strage di Stato di Piazza Fontana.

Pippo Morelli tra Giorgio Benvenuto e Bruno Trentin, allora leader della Uil e della Fiom in una foto dei primi anni Settanta del Novecento

Morelli e Carniti erano ormai leader indiscussi della Fim Cisl a livello nazionale e accompagnarono, insieme alle confederazioni, la conquista, nel 1970, dello Statuto dei Lavoratori. I successivi contratti, quelli del 1973 e del 1976, furono importantissimi: arrivarono le 150 ore per il diritto allo studio (e la rivendicazione di poter impegnare la risorsa tempo non solo per un titolo, ma per la propria cultura personale, anche, se necessario, per “imparare a suonare il clavicembalo”) e l’inquadramento unico che superava le discriminazioni tra operai e impiegati. Dopo le prime crisi aziendali seguite alla crisi petrolifera del 1973-1974, furono ottenuti anche i diritti di informazione e consultazione dei lavoratori.

Il 1974 fu poi l’anno della difesa referendaria della legge sul divorzio dove Morelli si impegnò molto, con comizi in tantissimi consigli di fabbrica. Era profondamente cattolico, ma credeva fermamente che morale e unità della famiglia si dovessero testimoniare non imporre con provvedimenti che avrebbero, nei fatti, limitato la costruzione di una democrazia compiuta nel nostro Paese. 

Nel libro si racconta il ritorno di Morelli alla sua (e tua) terra: l’Emilia

La copertina del libro di Francesco Lauria

All’inizio del 1977 Pippo Morelli torna in Emilia, ed entra nella segreteria della Cisl Emilia-Romagna di cui diverrà segretario generale nel 1982. È curioso rileggere i giornali in occasione della sua elezione, il commento più sobrio fu: “Con Morelli il ’68 va alla guida della Cisl”. Nella sua terra Morelli rilanciò l’idea di un sindacato soggetto politico, autonomo da tutti i partiti che, pur non avendo la forza quantitativa della Cgil emiliana, con la ricerca e l’innovazione delle idee diventava vero protagonista.

Tra i tanti che iniziarono a occuparsi di ricerca economica e sociale applicata nell’Ufficio studi promosso da Morelli, vi fu anche il ferrarese Patrizio Bianchi, recentemente nominato Ministro dell’Istruzione. Furono chiaramente anche anni difficili: dal terrorismo da fronteggiare, agli scontri sulla scala mobile, dopo il Decreto di San Valentino del governo Craxi. Scontri che portarono alla fine tormentata della Federazione Cgil Cisl Uil e furono un duro colpo per il sindacalista reggiano, strenuo alfiere dell’unità sindacale.

Gli anni Ottanta sono anche quelli della “scoperta” del Brasile e del ritorno al Centro Studi…

Alla fine degli anni Settanta a Bologna Morelli diviene fraterno amico di un prete operaio di grande carisma: Beppe Stoppiglia, futuro fondatore dell’associazione Macondo. Insieme riflettono sullo “scivolamento dell’Occidente” e si impegnano per la riconquista della democrazia in Brasile, collaborando con il giovane e futuro presidente Lula e con il vescovo dei poveri, recentemente scomparso, Pedro Casaldaliga.

Morelli e Stoppiglia, uomini delle 150 ore, incontreranno in Brasile anche Paulo Freire, il grande fautore della pedagogia degli oppressi e dell’educazione come processo di coscientizzazione e di riscatto dei ceti popolari ed emarginati. Freire, nel 1989, si recherà al Centro Studi di Firenze e terrà un’importante lezione proprio di fronte a Morelli.

Sono anche gli anni dell’impegno ecologista: della riflessione non solo sul “come produrre”, ma sul “cosa produrre”, argomento ritornato di grande attualità nei frantumi sociali della pandemia. Furono anni di azioni di grandissima attualità che videro Morelli collaborare, a inizio anni ’90, con una figura davvero significativa e profetica dell’ambientalismo sociale come Alexander Langer.

Un ultimo passaggio prima di quel terribile marzo 1993…

L’ultimo impegno di Morelli, uscito dal sindacato, fu quello di Vicepresidente del Parco del Gigante, nell’appennino reggiano. Un impegno di memoria, formazione, salvaguardia ecologica con il rilancio dei “sentieri partigiani” e una ripresa di contatto con le proprie origini, anche familiari.

Suo fratello maggiore, Giorgio, partigiano “bianco”, detto “Il Solitario” fu, infatti, il primo liberatore di Reggio Emilia dai nazifascisti, ma morì a guerra ampiamente finita a causa delle conseguenze di un attentato commesso da partigiani comunisti. Una vicenda dolorosa, vissuta con grande amore e dignità, che non impedì a Pippo Morelli di essere cerniera tra mondo cattolico e sinistra, anche comunista, non solo nel sindacato. Come racconto nel libro, Morelli ebbe la non facile capacità di distinguere le responsabilità individuali e anche di contesto dalle idee politiche e sociali. Anche in questo la sua figura è un grande insegnamento per tutti, ma in particolare per i giovani.

Una testimonianza di spessore infinito anche di fronte all’uso distorto della storia e della memoria in un momento storico in cui ci sembra tutti di svanire in un eterno e, allo stesso tempo, debole ed evanescente presente. 

A cura di Francesco Niccolai

Francesco Lauria, Sapere, Libertà, Mondo. La strada di Pippo Morelli, Pagg. 502, Euro 28,00, Edizioni Lavoro, Roma, 2020.

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