mercoledì 22 giugno 2022

Un sindacato e un uomo: “dipinti di cielo e macchiati di terra” (1)

 

Di Francesco Lauria – Centro Studi Cisl Firenze[2]

           

Lunedì 20 giugno è stata una giornata stupenda, attesa. Non retorica.

Oltre 250 persone nell'Aula Magna dell'Università di Reggio Emilia, la sua città, ad ascoltare la "strada di Pippo Morelli", interprete del futuro del lavoro. con i contributi di Rosy Papaleo, Filippo Pieri, Daniela Fumarola, Gian Primo Cella, PierPaolo Baretta, Romano Prodi, Chiara Morelli, Ferdinando Uliano, coordinati magistralmente da Ester Crea. Questa è la traccia, ampliata, del mio intervento.


Ho riflettuto a lungo su come iniziare il mio intervento in questo emozionante incontro sulla strada di Pippo Morelli.

La memoria è tornata a Bologna, presso la sede della Cisl Emilia Romagna, in un lunedì caldo (quasi) come questo: il 22 luglio 2013.

A un mese dalla morte, in una sala gremita, si svolsero la Messa e il ricordo di Pippo Morelli, celebrati e coordinati dall’indimenticabile cuore e voce di Beppe Stoppiglia.

Il sacerdote e fondatore di Macondo raccontò, in quella occasione, della sua prima conversazione a Bologna con Pippo, nel 1977.

Tratteggiava così il suo amico:

“Pippo è stato un sindacalista sempre con la schiena dritta, un uomo forte e resistente, talmente trasparente e vero da diventare scomodo come tutti i profeti. Si, perché Pippo è stato ed era un profeta, anche nel sindacato, per la sua genialità e la sua capacità di leggere i segni dei tempi, con l’occhio innocente di un bambino scanzonato.

Un uomo dipinto di cielo che si è macchiato di terra per farsi racconto di Dio in mezzo ai poveri, agli ultimi, i senza nome e i senza voce”.

Continuava…

“Per alcuni il suo atteggiamento era imbarazzante, perché considerato provocatorio, ma la sua umiltà e la sua immediatezza lo rendevano una persona disarmata. Essendo un uomo libero, attirava a sé i semplici e i puri di cuore, era un poeta della pedagogia sociale.”

Quel giorno fu, insieme, doloroso e illuminante. Pensavo di essere stato l’unico a salire a Bologna da Pistoia. Non era così.

C’era anche Antonio Piras, sindacalista sardo trapiantato in Toscana, dirigente della Femca Cisl, che con Morelli aveva percorso un significativo tratto di strada.

Antonio si presentò insieme al suo nipotino che, valicando con lui l’Appennino, lo aveva accompagnato nel viaggio. Con sguardo profondo, che non ho mai dimenticato, tenendolo per mano, spiegò a tutti, con parole semplici e scandite, che era per il futuro di quel bambino che, nonostante i venti anni del suo obbligato silenzio, non si poteva dimenticare Pippo Morelli: interprete del futuro del lavoro.

Lavoravo da circa un anno al libro su Pippo e non ero ancora pienamente consapevole del “giacimento minerario” rappresentato da questo protagonista “quasi inavvertito” del Novecento sindacale e sociale italiano.

Conoscevo la storia di Pippo grazie a tre persone che mi avevano aiutato nella ricerca sulle 150 ore per il diritto allo studio: Bruno Manghi, Paola Paola Piva e Domenico Paparella.

Era stato proprio Paparella, altro fimmino, intellettuale-sindacalista, prematuramente scomparso, a rispondere, nel 2005, per primo alla mia domanda: “Ma chi è questo Pippo Morelli?”

Cominciavo a studiare l'Flm, gli anni dei metalmeccanici (e non solo) che davano l'assalto al cielo, ma soprattutto conquistavano e organizzavano diritti, non solo salario.

Studiavo l'Flm, la sinistra sindacale, grazie al per me illuminante lavoro di Fabrizio Loreto “L’anima bella del sindacato”, ricostruivo le 150 ore e mi ero imbattevo continuamente in questa figura in cui mi immedesimavo più che in ogni altra.

Persino più che in Vittorio Foa, che mi aveva affascinato enormemente fin dagli anni dell'università.

In Morelli, intuivo qualcosa di speciale, unico, un intreccio di radicalità e di visione, di intraprendenza organizzativa e di capacità di anticipare il futuro, apertura educativa e testimonianza esigente. Di fede, giustizia e libertà, che mi stupivano, mi accarezzavano, mi spronavano ogni volta.

Certo, c'era anche l'inquietudine ostinata in cui tanto mi riconoscevo e riconosco.      La capacità, come ha spiegato Carmine Marmo, di non accontentarsi mai, di accendere fuochi senza sosta, senza volerli per forza controllare. Non serve, infatti, dominare i fuochi accesi, i “tizzoni ardenti”.

Solo anni dopo avrei iniziato, nel 2012, alla conclusione della mia ricerca sulle 150 ore per il diritto allo studio, a percorrere, "a palmo a palmo" la sua strada.  Avrei incontrato Susanna, Chiara, Francesca, Giorgio, Macondo e Beppe Stoppiglia, il mondo di Pippo anche attraverso gli occhi amichevoli, ma mai accomodanti, di Pierre Carniti.

C’è qualcosa di ancor più grande che ci rivela la sua storia.

Mentre cercavo l’eresia ho incontrato in lui, proprio come in Pierre Carniti, la formula segreta e incarnata della “splendida anomalia” della Cisl.

Una formula, ci tengo a precisare, mai definita e definitiva.

Ricostruire lo spirito fondativo della Cisl e i progetti e gli incontri che ne hanno permesso l’evoluzione e il divenire, non è opera semplice, poiché molte e ricche furono le influenze e le positive contaminazioni.

Allo stesso tempo, però, non è difficile concordare con quanto ha scritto Vincenzo Saba:

“i protagonisti di quella scelta avevano infatti come patrimonio e come loro risorsa fondamentale, un’idea molto semplice, ma anche molto importante per la vita dei popoli e, quindi, per la vita del sindacato: che il sindacato doveva essere libero”.[3]

Ripercorrere la vita di Pippo ci permette di comprendere a pieno al progettualità della frase di Giulio Pastore al primo congresso della Cisl: il celebre: “dobbiamo creare tutto dal nuovo”.



Non solo una frase ad effetto a tema organizzativo: ma la scommessa della creazione di una nuova e inedita cultura e prassi sindacale a livello mondiale.

Il primo congresso della Cisl e il primo corso lungo della confederazione a Firenze (non ancora in Via della Piazzola) partono quasi appaiati, debitori uno all’altro.

Non è un caso che proprio Pippo, solo un anno dopo Carniti, Crea, Colombo, Marini, Sartori, quasi contemporaneamente a Maresco Ballini e Franco Bentivogli, fresco della discussione della tesi di laurea con Mario Romani, acceda ad un esperimento unico e peculiare, per nulla casuale: il corso esperti della contrattazione.

“Giovani menti”, avrebbe detto Giuseppe Dossetti, i neo-laureati più promettenti del paese, che, con un approccio multidisciplinare, vengono a formarsi, chiamati da Giulio Pastore, sulle colline di Fiesole per “masticare” il sindacato e apprendere e poi insegnare come sostenere la diffusione concreta della contrattazione aziendale in Italia.

Non intellettuali del sindacato, quindi, ma realizzatori di una ricerca-azione che, nel quotidiano, si adopereranno nella costruzione paziente delle condizioni certo non semplici per la realizzazione della contrattazione articolata in tutto il Paese.

Se studiamo, solo per avere due esempi, le biografie di Carniti e di Morelli alla fine degli anni Cinquanta, ritroviamo proprio questo impegno cruciale nella nascita e nel progressivo consolidamento, non solo operativo della Cisl: la centralità in dialogo con i territori del Centro Studi di Firenze, l'effervescenza e la costruzione di una nuova cultura sindacale che si misura con la realtà e con la scommessa verso la formazione e l’accompagnamento di una nuova classe dirigente diffusa e consapevole.

Una cultura sindacale che, come spiega spesso Gian Primo Cella, si arricchisce ulteriormente nel contesto milanese in cui anche Pippo inizierà ad operare.

Con la guida, certo, del “faro” Carniti, ma attraverso una squadra non solo di dirigenti sindacali, ma anche di importantissimi membri delle commissioni interne, delegati di fabbrica, che costruiranno sul campo il “sindacato nuovo” nel contesto industriale milanese.

In quegli anni si darà anche, vita ad un esperimento, a mio parere ineguagliato, di effervescenza culturale e di elaborazione: la rivista “Dibattito Sindacale”.

Come ha spiegato molto bene Morelli stesso c’è una data che è uno spartiacque.

Una data molto precedente al biennio impetuoso del 1968-1969.

Se gli anni cinquanta sono gli anni della “semina”, il primo raccolto, infatti, ha una data precisa: il 1962.

L’anno dell’affermazione definitiva della contrattazione aziendale (con il protocollo Intersind-Asap), ma anche della nascita della nuova Fim.

Una dirigenza nuova viene eletta e avvia una stagione di “risveglio sindacale” e di radicali trasformazioni delle relazioni contrattuali scriveva Pippo nella sua “Memoria sul 1962”.

Non posso qui, in terra emiliana, non ricordare un’altra grande figura recentemente scomparsa: Giovan Battista Cavazzuti, il primo degli innovatori ad entrare nella segreteria nazionale della Fim-Cisl.

Sono questi gli anni della prima temeraria unità d’azione con Fiom e Uilm, sperimentata già alla fine degli anni Cinquanta a Brescia dal gruppo raccolto intorno a Franco Castrezzati.

Sono anche gli anni della ricerca positiva dell’autonomia di cui l’incompatibilità tra incarichi sindacali e politici, diviene conseguenza naturale e procede di pari passo con il percorso di unità sindacale dal basso.

Quello dell’unità sindacale, come è noto, sarà uno dei riferimenti principali dell’impegno di Pippo Morelli.

Un “grande balzo interrotto”, per dirla con Bruno Manghi con i suoi sogni e i suoi deragliamenti, con la sua passione, radicale e diffusa e i tanti nodi irrisolti, interni ed esterni al mondo del lavoro.

Lo dico oggi proprio a pochi giorni di distanza dal cinquantennale della fondazione della Federazione Cgil Cisl Uil del luglio del 1972.

La strada di Pippo Morelli ci accompagna negli anni caldi del '68 e del '69, quelli dei "capelloni alla Cisl di Milano" e del "potere contro potere", fino ai contratti nazionali del 1973 e del 1976 e alla lotta democratica contro il terrorismo e le stragi di stato e per l’affermazione dei diritti civili, sociali e democratici.

Anni in cui ci si impegnava nella ridefinizione del potere nei luoghi di lavoro anche attraverso un sapere che “non ha padrone”. Come ci spiega il “vecchio zio” Bruno Manghi.

Non solo 150 ore, ma anche salute, sicurezza, medicina del lavoro e diritti di informazione e consultazione.

Ma anche, almeno per Pippo, non solo sindacato: pensiamo all’esperienza di “Cristiani per il socialismo” e all’impegno instancabile, personale, da profondo credente, nella campagna del referendum contro l’abolizione del divorzio.  Valori, come quello delle famiglia,” che si vivono e si testimoniano da “cattolici adulti, certo non si impongono, men che meno legislativamente.

Una battaglia quella dei Cattolici per il No al divorzio condotta insieme a Pietro Scoppola, ma, anche, ancora una volta, a Luigi Macario e a Pierre Carniti.

Pippo, credente, scout, proveniente da una famiglia importante del cattolicesimo democratico e sociale reggiano fu, come Carniti, un fulgido interprete della “laicità” della Cisl.

Pippo stava terminando la sua collaborazione con il Centro Studi guidato da Silvio Costantini quando nel 1962-1963 uscì un’interessante dispensa a cura della scuola di formazione della Cisl[4].

Vi era scritto:

“Il sindacato democratico non si propone di elaborare un suo compiuto sistema filosofico e tanto meno religioso (…) Il movimento sindacale, di fronte all’incontro di persone di ideologia diversa, non può adagiarsi su schemi precostituiti ed è sollecitato a porre sempre più attenzione ai valori fondamentali che determinano la solidarietà tra i lavoratori (…) nessun lavoratore, aderendo al movimento sindacale, deve sentire mortificata la sua concezione di vita”.

Emerge una Cisl pensata con le porte aperte, orgogliosa del proprio pluralismo interno.

Come ha osservato Pierluigi Mele con parole che sarebbero state certamente condivise da Pippo: “In questo senso il sindacalista della Cisl ripone nella sua autonoma capacità di giudizio – ossia nella sua perizia laica sulle cose del mondo, e nella fedeltà ai valori della solidarietà tipica del mondo del lavoro – il senso” del suo agire[5].

Sono temi importantissimi, ma faremmo un torto a Pippo Morelli se ci fermassimo qui.

Con lui, in dieci anni di lavoro e di ricostruzione “mineraria”, ho attraversato anche gli anni ottanta del riflusso e di un'Occidente e di un capitalismo che, per usare le parole di Beppe Stoppiglia, "scivolava sempre di più".

La direzione la conosciamo: è il maledetto trionfo di quello che Papa Francesco definisce nei suoi scritti: "economia dello scarto".

Mi spingo oltre: gli anni ottanta e i primi anni novanta, fino a quando l'ictus lo colpì duramente, sono forse gli anni più significativi di Pippo Morelli, almeno come elaborazione teorica.

Anni spesso di sconfitte, anche forse di emarginazione crescente, ma di grande visione. Dalle riflessioni sul sindacato nel territorio, al dibattito non solo sul "come produrre, ma sul cosa produrre", all'attenzione al lavoro frammentato, alla formazione professionale, all’informatizzazione, alle problematiche degli anziani, della società multiculturale, alle nuove frontiere dell'educazione degli adulti, anche a partire dalla marginalità.

Fino alla grande questione della conversione ecologica globale ed integrale della società, dell'economia e del sindacato. Del disarmo.

Va ricordato però che, in soli tre anni, dal 1982 al 1985, Pippo, da segretario generale, costruisce come guida paziente e impetuosa il “sindacato nuovo” anche in Emilia Romagna.

Un nome per tutti: l’Isfel e quell’idea di un sindacato “bianco” che, proprio con la forza di un’elaborazione concreta che, “non ha padrone”, riesce a contare davvero nell’Emilia rossa. Con la forza delle idee, non solo dei numeri.

Sta qui il senso di ricordare Pippo Morelli oggi, sta qui il senso di queste parole, di queste tre tracce di cammino: “Sapere, Libertà, Mondo”.

A queste parole ne affiancherei nel confronto con l’oggi altre: “Sogno, cura, servizio”.

Sta proprio qui il lascito, l’invio, come ha scritto Ivo Lizzola nella postfazione al libro.

In questi tempi “furiosi” di esplosione di disuguaglianze e di guerra, di fragilità strutturale e molteplice, dopo la pandemia, tornare a Pippo Morelli, significa chiederci: "Da dove veniamo"? Ma anche: "chi siamo e dove stiamo andando?."

Se è vero, come affermava Vittorio Foa, che il passato non ci dà risposte, ma ci aiuta a formulare, meglio, decisive domande, ripercorrere la strada di Morelli, significa immergersi nel nostro presente.

Nelle urgenze di un sindacato che deve essere sempre più prossimo a chi non ha voce, non ha dignità, non ha parole. A partire dai giovani. Un sindacato, avrebbe detto Pippo Morelli, moltiplicatore di trasformazione, non di conservazione.

Non solo luogo educativo, ma comunità educante.

Palestra quotidiana di emancipazione, relazione, libertà. Pane e rose. Poesia e prosa. Interessi e Ideali.

“Sogno, cura e servizio”, appunto.

Siamo sommersi di parole. Proprio per questo abbiamo bisogno di metodo, visione e speranza e di saperle tenere insieme con autenticità.

Parole, ma soprattutto azioni conseguenti, progettualità per ritrovare quello spazio di impegno condiviso e collettivo, di cooperazione di comunità inclusiva e di rappresentanza democratica che significa spostare, senza facili moralismi, il mondo intorno a noi, anche solo di un millimetro, verso pace, giustizia, fratellanza, amore, rispetto, dignità.

La nostra bussola, o meglio, “il nostro astrolabio”, per dirla con Don Lorenzo Milani e la scuola di Barbiana.

Concludendo.

Se vogliamo che la “strada di Pippo” divenga oggi, almeno in parte, patrimonio, traccia condivisi, dobbiamo ricordarci, come ci ammonisce Jhonny Dotti, che essere sindacalisti ed in particolare essere sindacalisti della Cisl, non è solo “funzione”, ma ricerca del senso.

Pippo ci illumina proprio nel mantenere, nel non disperdere il patrimonio del senso.

Senso di responsabilità individuale (il “ciascuno è responsabile di tutto di Don Lorenzo Milani), ma anche sforzo progettuale e collettivo.

Se l’uomo perde il senso, ci ha detto Jhonny al congresso nazionale della Fim Cisl a Torino, citando Fabrizio De Andrè è: “come un cinghiale che fa le equazioni”.

Facciamo i conti, da oltre trent’anni, con la fine dell’ideologia, ma anche con la crisi nichilista delle parole.

Pippo che era attento lettore di Maritain, ma soprattutto di Emanuel Mounier, sapeva ben distinguere la parola persona dalla parola individuo.

Le parole non sono i termini binari dell’informatica: le parole, un po’ come il lavoro, sono misteri di relazioni.

Come spiegava benissimo Beppe Stoppiglia raccontando di Pippo nelle favelas brasiliane, il sentimento profondo di solidarietà non ha nulla a che fare con la ragione. Se l’altro soffre, soffri anche tu.

Ma questo è il, necessario, punto di partenza. Se il sindacato è figlio della mediazione tra giustizia e libertà, se sa stare in mezzo, facendo anche dei compromessi, esso, ci ammoniva con mitezza Pippo, deve sapere guardare avanti, non rinunciare mai all’orizzonte di senso, significato della Vita.

Un punto decisivo sta nell’intreccio tra servizi individuali o meglio “personali” e diritti collettivi, declinati informa non solo collettiva, ma “collettivizzante”, in altre parole generatrice di comunità.

Ci sono tantissime esperienze, a cavallo tra territorio e impresa, che necessitano di una strategia complessiva di inclusione e moltiplicazione. Un po’ come a metà anni cinquanta con la contrattazione aziendale.

Tornando alle parole.

Pippo usava spesso la parola “compagni”.

Spiegava agli scettici e conservatori, anche nella Cisl, che la radice era “cum panis” coloro che spezzano il pane insieme.

Allo stesso tempo se oggi, specialmente in tempo ed economia di guerra, ci insegnano che la “competizione” è semplicemente “uccidere l’altro”, (e non certo spezzare il pane insieme!) dobbiamo tornare alla radice vera delle parole: “cum petere”, significa correre e chiedere, chiederci, insieme.

Non solo “coscientizzazione”, per citare Paolo Freire, ma sempre di più un sindacato dell’ascolto come ci ha detto benissimo all’ultimo congresso della Cisl il segretario generale della Fim Cisl Roberto Benaglia.

La competizione positiva tiene dentro di sé il senso della relazione e della dignità. Non esclude in alcun modo il conflitto, né il “diritto e dovere di dissentire”, ripudia, invece, la guerra e la violenza.

Pippo Morelli può aiutarci in questo nuovo inizio, in cui insieme alle “competenze”, occorrono intelligenza emotiva e, perché no, laicamente spirituale.

Un’intelligenza emotiva e spirituale che sappia rispettare la parola e le parole, ma che non smetta mai di farsi provocare dalla realtà e di provocarla a sua volta.

Tornare a Pippo e a Papa Francesco ci mette in cammino verso un sindacato che non può che essere, insieme, “profezia ed innovazione”, senso della relazione e della dignità.

Cosa ci dice in questo 2022, cento anni esatti dalla presa del potere del fascismo, Pippo Morelli?

Ci dice che le persone, i lavoratori, gli iscritti, non sono una somma di tessere. Altrimenti, come ha spiegato sempre Dotti al congresso della Fim, un’App fra non molto agevolmente ci sostituirà.

Gli altri sono risposta a una convocazione, sono una passione, una visione, una compagnia. Non possiamo farne a meno.

La pandemia ci ha insegnato qualcosa di molto importante e che non dobbiamo dimenticare troppo facilmente.                        

Come ho compreso leggendo Morelli, ma anche dialogando direttamente con Carniti: dobbiamo condividere non la nostra potenza, ma la nostra ferita, la nostra precarietà, la nostra fragilità. Saper ripartire, anche, dalle nostre sconfitte, dal non sapere dare, sempre e comunque, tutte le risposte.

Pippo Morelli rifletteva nel 1991, insieme ad Alexander Langer, su una nuova unità sindacale basata sulla cultura del limite e della sostenibilità.

Proprio questa cultura ci spiega che il sindacalista e il sindacato, per curare la società dello scarto, non possono che mettere a disposizione la propria ferita, il proprio dolore, la propria insufficienza.

E’ questa la strada stretta per costruire principi viventi di solidarietà. Per attraversare l’incontro cosciente e incosciente di fragilità, la cultura della cura e dei frammenti. Dalla pluralità condivisa degli sguardi.

Dobbiamo essere capaci di guardare oltre, capire, anche da un punto di vista organizzativo e sociale, che non possiamo “fare da soli”.

Pippo ci racconta oggi quindi anche che il “sindacato da solo non basta” se vogliamo partire e ri-partire da quelle periferie, del lavoro ed esistenziali, che si trovano nelle nostre città e metropoli, come nelle aree interne, troppo spesso dimenticate.

Ma Pippo, Beppe, Pierre ci raccontano anche che il sindacato nella rappresentanza e nella rappresentazione del lavoro, non può che essere anello importantissimo, ma non unico, della carovana della dignità che si mette in cammino ogni giorno in tanti luoghi spezzettati di un pianeta interconnesso.

Il sindacato “trionfante” a cavallo degli anni sessanta e settanta ha fatto anche degli errori.

Ma capì una cosa che, mentre si “assaltava il cielo”, non era semplice.

Comprese, infatti, che occorrevano investimenti contrattuali sull’orizzonte di senso e, allo stesso tempo, che erano necessarie alleanze nella società per la costruzione di una democrazia compiuta e per rendere effettive ed estese azioni e conquiste.

Sarebbe bello un giorno, solo per fare un esempio, raccontare l’impegno dell’FLM per la sindacalizzazione non corporativa delle forze di polizia e, un tentativo, ancor più sconosciuto, ve lo dico come curiosità, di “confederalizzare” la nascente Associazione dei calciatori.

In questo campo largo ricordiamo non solo le 150 ore, ma anche il, già citato, e troppo dimenticato grande movimento sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e nel territorio.

Quel sindacato “potente” aveva intuito, anche se non sempre fu conseguente (pensiamo all’insuccesso dei Consigli di Zona), che la logica dell’E-E doveva prevalere su quella dell’O-O.

E’ il lascito, il sogno e la visione che ci vengono consegnati oggi. Nel solco di Pippo Morelli.

Sapere, libertà, mondo. Ma anche, lo ripeto un’ultima volta, ascolto, cura, sogno, visione.

Perché, per essere interpreti del futuro del lavoro, possiamo essere: “dipinti di cielo e macchiati di terra.”

                                                                 


1-

[2] Intervento al seminario: Pippo Morelli, interprete del futuro del lavoro, Reggio Emilia, 20 giugno 2022.

[3] V. Saba, Un passo che fece storia, in La nascita della Cisl 1948-1951, Edizioni Lavoro, Roma, 1990.

[4] La Cisl e la sua autonoma collocazione nella società italiana, in “Il Sindacato nella società democratica”, dispensa del Centro Studi di Firenze, 1962-1963.

[5] P. Mele, Parola chiave: laico in F. Vera Nocentini (a cura di), Sindacalismo e laicità. Il paradosso della Cisl, Franco Angeli, Milano, 2000.

venerdì 17 giugno 2022

MORELLI, PRODI e QUEL MERCATO DEL LAVORO DA ORIENTARE E TRASFORMARE, a partire dai GIOVANI.


Si avvicina una giornata attesa da quasi due anni: quella della presentazione in presenza a Reggio Emilia di Sapere, Libertà, Mondo. La strada di Pippo Morelli.
Tra i relatori, lunedì 20 giugno ci sarà anche il Prof. Romano Prodi.
C'è un passaggio del libro che mi piace ricordare: siamo nel 1983 il sindacalista e l'economista reggiano condividono la visione sull'informatizzazione e sul mercato del lavoro e il raccordo con la scuola e i giovani.
Morelli, segretario generale della Cisl Emilia Romagna scriveva su Italia Cooperativa: "I computers stanno entrando in fabbrica ma anche in agricoltura. E' una scelta di mentalità culturale che non può limitarsi ad una elite, come sostiene giustamente l'amico Prodi, ma deve riguardare il complesso della forza lavoro. Avremo sempre più bisogno di un largo ceto operaio altamente qualificato per sostenere la crescita economica anche nella nostra Regione: ma occorrerà anche una collaborazione delle famiglie nell'orientare la scelta del lavoro oltre che indicazioni pubbliche che oggi mancano completamente".
Il 1983 è un anno importante per questi temi. La rivista della Cisl Contrattazione dedicherà nell'estate un numero monografico all'argomento: "Collocamento: quale riforma?" dopo l'accordo (una "riforma dimezzata") avvenuto il 22 gennaio dello stesso anno.
Il tema dell'occupazione giovanile e dei contratti di formazione-lavoro sarà molto dibattuto, ma porterà a limitati risultati, soprattutto dal punto di vista qualitativo.
Come sempre Morelli passava dall'analisi alla proposta concreta:
"Occorre un osservatorio del lavoro che possa quantificare il fabbisogno del mercato del lavoro, ma che sia sia in grado di raccordarsi alla scuola per facilitare la scelta scolastica dei giovani e il loro inserimento nel mondo produttivo. Oggi questa attività manca completamente. Esiste l'ampia rete dei centri di formazione professionale, ma è un'attività che va meglio raccordata e coordinata. Comunque, il nodo dell'orientamento ritengo sia essenziale per scavare delle qualità, delle attitudini e per non sprecare talenti ed energia in lavori e mestieri troppo affollato, che rischiano anche di accrescere la massa dei disoccupati cronici."
Molto interessante è poi la risposta all'interlocutore che chiedeva se l'aumento della disoccupazione fosse legato anche ad una disaffezione al lavoro. Qui la risposta di Morelli sembra essere quasi profetica, certamente indice di grande visione. Così rispondeva:
"Non si può parlare di disaffezione ma semmai di un modo nuovo di vedere il lavoro e di lavorare. L'incremento del precariato dimostra che non è diminuita in assoluto la tendenza al lavoro, ma che si cercano soluzioni personalizzate, sottratte all'orario troppo fisso, all'organizzazione della fabbrica e del lavoro".
Sembrano parole scritte ieri. Sono di quasi quaranta anni fa...
Vedi le informazioni sulla presentazione del libro a Reggio Emilia: https://www.fondazionetarantelli.it/pippo-morelli-il-20.../

martedì 7 giugno 2022

Pippo Morelli: il 20 giugno la presentazione del libro a Reggio Emilia con Romano Prodi


Si svolgerà il prossimo lunedì 20 giugno dalle 15.30 alle 17.30 presso l'Aula Magna dell'Università di Reggio Emilia l'incontro: "Pippo Morelli: un interprete del futuro del lavoro".

Il seminario, organizzato dalle federazioni nazionali dei metalmeccanici e dei pensionati della Cisl e dalla Cisl Emilia Romagna,

sarà occasione di discussione del libro di Francesco Lauria: "Sapere, Libertà, Mondo. La strada di Pippo Morelli" (Edizioni Lavoro) dedicato al sindacalista reggiano, tra gli ideatori delle 150 ore per il diritto allo studio, già segretario generale della Cisl Emilia Romagna e direttore del "mitico" Centro Studi Nazionale Cisl di Firenze.

Ai lavori prenderanno parte Rosamaria Papaleo, segretaria generale della Cisl Emilia Centrale, Daniela Fumarola, reggente Fnp nazionale, Filippo Pieri segretario generale Cisl Emilia Romagna, il prof. Gian Primo Cella, gli onorevoli  Romano Prodi e Pierpaolo Baretta, Chiara Morelli, formatrice nazionale Agesci e figlia di Pippo Morelli, Francesco Lauria, autore del libro.

Concluderà il convegno, che sarà moderato da Ester Crea, il segretario generale della Fim Cisl Roberto Benaglia.


PIPPO MORELLI, INTERPRETE DEL FUTURO DEL LAVORO. GUARDA LA REGISTRAZIONE DEGLI INTERVENTI SU YOUTUBE

  Sul canale YouTube del Centro Studi Ricerca e Formazione Cisl è disponibile la registrazione dell'incontro di presentazione del libro...