"Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo, gli uomini si educano insieme, con la mediazione del mondo."
Questa frase apre la citazione di Paolo Freire (La Pedagogia degli oppressi") nel capitolo dedicato alla formazione e alla ricerca in "Sapere, Libertà, Mondo. La strada di Pippo Morelli".
Ieri, proprio mentre riflettevo su cosa scrivere per ricordare oggi Pippo Morelli, nell'anniversario della sua scomparsa e in preparazione dell'incontro "Ri-pensare la formazione" di giovedì 24, avevo negli occhi un'immagine ricorrente.
Una quercia.
No,
non le Querce di Montesole, spesso evocate, una quercia del Mugello, di qua
dell'Appennino.
La
fotografia, potentissima, è quella riportata dal giornalista pistoiese Mauro Banchini
di ritorno da Barbiana, dove era
stato con la giovanissima nipote.
Manco dal Monte Giovi da un po' (spero di tornarci presto), ma ricordo bene come, le ultime volte, il mio sguardo si sia sempre posato sulla grande quercia sofferente sotto la quale un tempo faceva scuola, soprattutto d'estate, Don Lorenzo Milani insieme ai suoi ragazzi (e ragazze).
Ieri ho visto l'immagine dolorosissima, ma attesa, della grande quercia tagliata. Le radici erano state seccate da una dissennata costruzione in cemento fatta costruire dalla Curia di Firenze in occasione dell'importante visita di Papa Francesco di quattro anni fa.
Ci sono voluti, appunto, quattro anni, ma questo segno di "dominio" e superficialità (si temeva che il bagno semplice della canonica non fosse "all'altezza" del Papa per un suo eventuale utilizzo) di cui il pontefice non è assolutamente responsabile, ha sradicato, ucciso il bellissimo albero secolare di Barbiana, presente in tantissime foto del priore e della sua scuola.
Oggi, trovandomi proprio presso il Centro Studi di Fiesole, dove Pippo Morelli ha iniziato e dove, come direttore, ha concluso la sua esperienza di dirigente sindacale, non posso non accogliere questa immagine come un monito, importantissimo.
Scriveva,
qualche anno fa Giorgio Tonini, recensendo il libro: "Quel filo teso tra
Fiesole e Barbiana":
"L'azione
sociale e politica non è solo arte e tecnica della conquista e della conservazione
del potere, ma è anche e soprattutto emancipazione, autoemancipazione
collettiva. E' in definitiva questo il filo teso che collega Fiesole e
Barbiana. Perchè, fin dalle origini, il Centro Studi Cisl di Fiesole non è
stato altro che il manifesto e il laboratorio insieme, nel quale si è
annunciata e costruita una nuova classe dirigente, non più selezionata per
nascita e per censo, ma espressione di un grande movimento di liberazione
umana, che ha fatto del lavoro".
Ma per curare le radici nel corso degli anni e continuare a dispiegare le ali occorre ripensarsi, rinnovarsi continuamente.
Ricordava
Morelli su Conquiste del Lavoro alla
vigilia del convegno nazionale Cisl sulla formazione nel novembre del 1985,
proprio da direttore del Centro Studi Cisl di Firenze:
"Siamo
nel pieno di una fase storica di trasformazione che pone anche al sindacato,
alla Cisl in particolare, profonde esigenze di cambiamento. La rivoluzione
tecnologica, che è anche rivoluzione organizzativa, ha cambiato e sta cambiando
il lavoro, la composizione della classe lavoratrice, la cultura ed i
comportamenti dei lavoratori. Quando e come cambia il sindacato?"
Continuava Morelli:
"Non solo più formazione, quindi, ma
anche mirata, rispondente cioè ai bisogni delle categorie e delle realtà
territoriali e basata su capacità di analisi (cosa serve e per cosa), di
programmazione (chi formare e per quale strategia), di progettazione (come
educare, con quale metodo, strumenti e docenti) e di verifica (quali effetti a
distanza sull'organizzazione).
Ci sono due domande, tra le tante che pone
Morelli nel suo prezioso articolo che risuonano nel presente e nella ripresa
della formazione dopo il buio della pandemia:
"in quanto momento educativo, come si possono "tirar fuori" le abilità inespresse, le conoscenze esistenti, le potenzialità inutilizzate per organizzarle sistematicamente ai fini di un uso migliore delle risorse, che, per noi, sono soprattutto le persone?"
E ancora:
"se l'esperienza sindacale è stata anche un fatto culturale (nei dibattiti come nelle lotte) come usare gli strumenti esistenti (le riviste, i centri di ricerca) e l'esperienza dei dirigenti perchè il sindacato - la Cisl - sia realmente una "comunità educante"?
Ha ricordato Giuliana Ledovi come: "ciò che ci ha sempre colpito, nel profilo di Morelli formatore e anche negli incontri diretti, personali, era il suo arrivare dritto dentro le persone, alla responsabilità che ognuno assume e agisce nei confronti di se stesso. Non formazione sindacale, ma formazione di sindacalisti. Sembra una formula. E, invece, è stata sostanza."
Scriveva,
severamente, Guido Romagnoli, nel
1989, su Prospettiva Sindacale, alla vigilia del congresso confederale della
Cisl:
"Oggi, nel sindacato, occuparsi di formazione, ricerca, di rapporti con settori marginali del mercato del lavoro, significa aver possibilità di carriera solo se ci si dimostra omologhi al gruppo dirigente (...) Il panorama che ne consegue è quello di un sindacato poco aperto all'ascolto delle domande dei rappresentati, se non quando questi minacciano di andarsene. Dove i sindacalisti devono dialogare in primo luogo tra di loro, perchè questa è la condizione della loro permanenza e la strada centrale della loro carriera nell'organizzazione (...)".
Sullo
stesso numero della rivista della Cisl Pippo Morelli scriveva un articolo
bellissimo, intitolato: "Una formazione per il cambiamento".
Un estratto: "Occorre allora fondare una nuova strategia su una "cultura della trasformazione" che non sia intesa come un prodotto prefabbricato da un gruppo di intellettuali, bensì come capacità di tutta l'organizzazione di conoscere, analizzare, comprendere e controllare i mutamenti in atto e di prospettiva, sia nelle fabbriche come nei servizi, nei pubblici uffici come nei territori, nelle strutture istituzionali come nelle organizzazioni sociali. I problemi che deve affrontare oggi il sindacato richiedono una gamma ben più ampia di capacità e di strumenti di conoscenza, di proposta, di rapporti o confronti, di organizzazione".
Non ancora sessantenne Morelli continuava:
"L'attuale fase di mutamento chiede idee
nuove ed energie giovani. Ad un'età come quella della nostra generazione, c'è
ancora capacità di elaborare, criticare, ricercare, ma siamo molto condizionati
da un'esperienza che rende difficile non tanto capire il nuovo, quanto guidarlo
e governarlo. Possiamo e dobbiamo, invece, "dar voce e speranza"
(...). "Dare speranza a tanti giovani che hanno tutt'oggi desideri e
motivazioni di impegno volontario, a tante lavoratrici che oggi si presentano
con più forza e più preparazione per un lavoro anche sociale, a tanti nuovi
soggetti che guardano al sindacato. La speranza di chi - in tempi migliori di
questi - sapeva che per lanciare e sostenere le lotte operaie e sociali
occorrevano idee-forza e sostanziali motivazioni etiche".
Nel
capitolo sul futuro di Sapere, Libertà,
Mondo ho riportato questa riflessione di Giovanni Teneggi, animatore di un progetto nazionale di cooperative
di comunità, concittadino di Morelli, anzi uomo di quelle montagne
dell'Appennino reggiano per le quali, insieme al Brasile, ha dedicato tutte le
sue ultime forze:
"La sovversione non guarda al passato,
ne riprende semplicemente i linguaggi e il filo. Tutti i cooperatori comunitari
guardano a ciò che da lì deve venire. Non cercano rifugi e permanenze, ci
cercano nuovamente partenze e sconfinamenti.
Non lo fanno fa prigionieri, ma da
esploratori. Non fronteggiando il futuro, ma volendolo proprio, con tutto ciò
che contiene. Le montagne e i paesi li conoscono per ciò che erano e sono tanto
grati ai loro proprietari da esserne autorizzati a vestirli di nuovo e
scardinarne i confini. Occorre prima esserne abitanti, poi occorre accettare di
esserne i contrabbandieri, per ciò che vi si porta dentro e ciò che si porta
fuori per la loro sopravvivenza, senza le dogane e i bolli che pretende il
Mondo di sopra.
Montagne e luoghi. Abitanti che condividono
e contrabbandieri che portano dentro e fuori merci e persone. Se non siamo del
tutto l'uno e l'altro, c'è poco da discuterne e da fare".
Alla fine i "contrabbandieri buoni", come Pippo Morelli e come Giovanni Teneggi sono: "persone ponte".
Mi
ha confidato Alessandro Alberani:
"Morelli era capace di disvelarti nuove scoperte, nuovi orizzonti. (...)
Se lo ascoltavi, anche passando con lui un'ora scarsa, c'era qualcosa che si
muoveva dentro di te.".
Come ha testimoniato Carmine Marmo:
"Pippo aveva una visione del sindacato e una visione del futuro. Sapeva
che occorreva rinnovarsi continuamente senza rinunciare all'identità di
partenza (...) Sapeva scorgere la "ghianda" per usare un concetto
caro a Hillman, e ci puntava sopra. Accendeva mille fuochi, poi lasciava qualcun
altro di fidato a custodirli. Era un vulcano di progettualità, pur con la sua
aria molto pacifica e con i suoi dolcissimi occhi miopi, circondati da grandi
occhiali"
Ha ricordato sempre Marmo come Morelli, al Centro Studi, e in tante altre occasioni formative, avesse introiettato e condiviso questa idea-forza di Don Lorenzo Milani, ben espressa ne "L'obbedienza non è più una virtù":
“Avere il coraggio di dire ai giovani che
essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la
più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti
agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico
responsabile di tutto.
Sentirsi responsabili "del tutto".
Ma
percepire anche la gioia del cammino e... "ascoltare" il richiamo
della strada.
Credo,
come ho scritto nel libro, che lo scout Pippo Morelli avrebbe apprezzato questa
canzone, riportata anche in un bel testo di Paolo Giuntella.
"L'appel de la route, il richiamo della strada".
"Se il tuo cuore qualche volta è
catturato da grandi sogni,
se tu cerchi le forti virtù che ci
sollevano,
ben lontano dai sentieri battuti
segui la strada senza tregua.
Ohè ragazzo, ragazzo,
tu che cerchi, tu che dubiti,
presta l'orecchio alla mia canzone:
ascolta il richiamo della strada.
Tu che conoscesti i molti segreti di questa
strada, i calvari drizzati al cielo, sotto la grande volta,
tu sarai per l'amore di Dio
ogni giorno in ascolto.
Quando la notte avrà diffuso il silenzio nel
bosco,
tu ti addormenterai senza paura, pieno di
speranza,
e la voce del Signore dentro di te
sarà la tua ricompensa".
E'
proprio il silenzio del bosco, così come il silenzio di Barbiana a curare le
ferite delle querce abbattute per il desiderio di dominio e la paura della
speranza.
E' proprio questa la strada, il filo, il sentiero che da Fiesole ci fa salire ancora a Barbiana, incontrando don Lorenzo e camminando insieme a Pippo.
E' questa, tra Sapere, Libertà, Mondo, la stupenda, irripetibile, ma ispirante: "Strada di Pippo Morelli".
La
ferita, quella quercia perduta non si cancella.
Però,
se riprendiamo il cammino, è parte del sentiero. E della Cura.
Obrigado Pippo!
Francesco Lauria
http://www.lastradadipippomorelli.blogspot.com
Sapere, Libertà, Mondo. La strada di Pippo Morelli, Edizioni Lavoro, 2020.
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