domenica 31 gennaio 2021

Il valore identitario del pluralismo nella Cisl: sulla testimonianza di Franco Marini nel libro su Pippo Morelli (e non solo...)

Ieri mattina sono letteralmente saltato sulla sedia.

Enrico Giacinto, profondo conoscitore di storia sindacale, già direttore di Edizioni Lavoro e per molti anni responsabile della Biblioteca confederale della Cisl, mi ha giocato, sono sicuro a fin di bene, un brutto scherzo.

Uno spunto, a mio parere molto arbitrario, dalla testimonianza di Franco Marini contenuta nel libro: "Sapere, Libertà, Mondo. La strada di Pippo Morelli", ha trasformato la bella e complessa testimonianza di Franco (a proposito, buona convalescenza!) in una polemica al servizio del disconoscimento del valore e del ruolo di quella che, pur con alcune approssimazioni, viene tutt'ora definita la: "sinistra carnitiana" (clicca qui per leggere l'articolo di Enrico Giacinto...)

Per farlo è stata utilizzata anche una abbastanza famosa (non compresa nel libro) lettera di Donat-Cattin a Zaccagnini (segretario Dc) sulla presunta "emarginazione dei quadri e dirigenti democristiani" nella Cisl.

Come qualcuno dei miei (pochi :-)) lettori sa, per circa dieci anni ho lavorato alacremente ad un biografia di un grande sindacalista dalla Cisl e, direi, del sindacato confederale italiano: Giuseppe "Pippo" Morelli.

Non sono uno storico di professione, nè mi atteggio a tale, ma questo libro nasce dopo molte altre ricerche: dalla monografia sulle 150 ore per il diritto allo studio, al testo sul rapporto tra Don Lorenzo Milani e il mondo del lavoro, alla curatela di uno specifico studio sulla figura di Giulio Pastore in rapporto al tema della formazione sindacale e dell'impegno per il Mezzogiorno e le aree periferiche.

Il libro su Morelli è frutto di un amplissimo lavoro di studio attraverso molteplici archivi (a partire dal suo, imponente e conservato presso Istoreco a Reggio Emilia), dell'analisi di numerose fonti, della lettura attenta di oltre trecento dei suoi saggi, articoli e libri e della realizzazione di oltre quaranta (quaranta) interviste in profondità ad altrettanti testimoni diretti.

Scrivo questo per fare presente che dieci anni sono tanti e permettono di riflettere, correggere, meditare, dialogare, pensare. Senza presunzione di arrivare a verità definitive o a non commettere errori, per carità.

Non mi sono mai piaciuti i libri a "tesi".

Uno storico del sindacato, leggendo le bozze del libro, mi ha rimproverato, al contrario, di essere stato "troppo poco autorale", ma io ho scelto di far parlare proprio Pippo Morelli, la sua bellissima e, in parte, ingiustamente dimenticata storia di vita e di sindacato. Una storia che, per quel che riguarda la sua esperienza e militanza nella Cisl, ci proietta alla metà degli anni cinquanta (a partire proprio dal suo incontro universitario con Mario Romani) e fino al marzo del 1993.

Fu purtroppo un ictus a compromettere totalmente la possibilità di continuare a contribuire alla scena politica, sindacale e sociale del Paese dell'ex segretario nazionale Fim ed Flm e, poi, segretario generale della Cisl Emilia Romagna.

Penso sia davvero reale il fatto che attraverso la storia di Morelli si possano leggere tantissime altre storie: dalla funzione originaria e prospettica per la Cisl del Centro Studi di Firenze, alla germinazione unica e preziosissima della Fim di Milano guidata dal giovane Carniti, dal ruolo della formazione sindacale nell'evoluzione (non tradimento, non disconoscimento) della concezione sindacale della Cisl e nella costruzione (fallita) dell'unità sindacale organica, fino alla difficile gestione della c.d. "unità a pezzi" e della c.d. successiva, contestata (anche da Morelli) "svolta dell'Eur".

Ma non solo: penso al rapporto del sindacato con la crisi economica, al disorientamento delle confederazioni tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta (tra ripiegamento dei consigli di fabbrica e fallimento dei consigli di zona), fino al tracollo dei rapporti unitari durante lo scontro sulla "scala mobile".

Un altro, diverso tema, lo ricopre, nel libro, il ruolo pubblico di testimonianza della fede "adulta", non solo di Morelli, ma di tanti sindacalisti, nel raccordo tra impegno sindacale e impegno politico ed ecclesiale, peraltro, questo sì, spesso al di fuori, lontano dalla Democrazia Cristiana, anche delle correnti di "sinistra" del partito.

Penso alla consapevolezza dello scivolamento etico e morale dell'Occidente e alla necessità di aggiungere alle parole: Sapere e Libertà, anche il concetto di Mondo e mondialità, non solo per romanticismo, ma anche nel cogliere l'esplodere della globalizzazione e dell'economia dell'interdipendenza.

Infine il grande tema della conversione ecologica del sindacato: appassionante nell'incontro, purtroppo solo abbozzato, tra personalità inquiete e potenzialmente fecondissime nell'intreccio, come quella di Morelli e di Alexander Langer

Penso al concetto, molto più trasversale ai decenni di quello che si crede, del sindacato soggetto politico e del suo rapporto con la base, da un lato, e con intellettuali e ricerca dall'altro.

A cosa serve di fronte a questi grandi temi continuare a dividere la storia della Cisl in due fazioni, con la pretesa, cinquant'anni dopo, di continuare dare patenti di ortodossia, utilizzando categorie profondamente sbagliate, come quelle della vittoria o della sconfitta?

Il libro non nasconde nessun conflitto nella Cisl, nel sindacato, nel mondo del lavoro, nel rapporto con la politica o con il padronato, come quando ricostruisce, da diversi punti di vista, la vertenza Fiat.

Ma non rinuncia a leggere, ricostruire, valorizzare anche i temi unificanti.

Un esempio non piò che essere quello della formazione: un aspetto, come testimoniato con grande chiarezza e visione da Bruno Manghi, che rappresenta uno degli elementi indubbiamente di collante dell'intera storia della Cisl. 

Morelli ci permette di ri-leggerlo sotto molteplici forme: dall'approfondimento legato alla contrattazione, al rapporto con quelle che lui definisce le "idee forza" del sindacato, fino alla concezione e al ruolo del dirigente e alla definizione del perimetro delle alleanze necessario a emancipare, liberare, rendere protagonista, a livello individuale e collettivo, il mondo del lavoro, non solo a livello italiano, ma anche transnazionale, mondiale.

Un altro grande tema unificante nella storia della Cisl, altrettanto caro a Morelli, è, certamente, la dimensione internazionale: l'impegno costante nel sostenere i sindacati liberi come elementi fondamentali di una democrazia compiuta, sociale e politica. Lo scrivo nel giorno, terribile, dell'arresto di Aung San Suu Kyi in Myanmar, ma non posso non pensare anche al Brasile di Luis Ignacio Lula.

Il mio libro prova quindi a iniziare a rompere l'insopportabile e datata divisione in due della storiografia Cisl, incartata da decenni tra opposte visioni e accuse reciproche che appassionano, in realtà, sempre meno persone.

Se si analizzano, ad esempio, le non poche divergenze tra Morelli e Carniti si può, ricostruire molto bene anche il divenire di una Cisl ancor più pluralista e policentrica. Ma non si rinuncia a una visione valoriale unitaria; quella stessa visione, ben lontana da conformismi e unanimismi, che viene troppo spesso sottovalutata nella storiografia di entrambi i "colori".

Nel sindacalista reggiano, uomo indubitabilmente della sinistra cislina e della sinistra sindacale trasversale alle tre confederazioni, c'è un'originalità che ci permette di affrontare anche la dicotomia delle "due anime" della Cisl: con parole nuove, inedite, non di parte.

Anche per questo ho chiesto a Franco Marini di contribuire al volume con una sua testimonianza. Quello stesso Marini che con Morelli ebbe scontri furibondi (il più deflagrante nel 1987,  quando  il sindacalista reggiano, allora direttore del Centro Studi di Firenze, fu tra i pochissimi a votare contro la segreteria confederale all'assemblea organizzativa di Abano Terme quando essa seppellì il limite dei due mandati).

Tornando al contributo di Franco Marini al libro, ne è venuto fuori un testo dell'ex segretario generale della Cisl davvero bello: "Pippo Morelli e il pluralismo vivo della Cisl: respirare insieme per una sintesi più alta". E' uno scritto che va letto integralmente, senza estrapolarne, strumentalmente, solo delle parti.

Nel suo contributo Franco Marini riconosce, certamente di più di Carniti, il ruolo della sinistra sindacale e di Morelli come elemento essenziale della piena rappresentatività del sindacato confederale italiano negli anni della sua maggiore centralità (in particolare da metà anni sessanta a metà anni ottanta). 

Marini aggiunge anche che: "una Cisl senza dialettica interna non avrebbe alcun senso di esistere" e poi sottolinea il ruolo di "contrappeso" della sua componente, sia nel tutelare la sinistra sindacale e cislina dal ruolo egemonico del Pci che nello scoraggiare le tendenze scissioniste di destra rappresentate, in particolare, da Vito Scalia.

E' un punto di vista, opinabile, ma con dei fondamenti, certamente non liquidatorio di quelle che io definirei, al plurale, le sinistre sindacali.

Come catalogare, ad esempio, un'altra figura singolare e di spessore enorme come Luigi Macario, padre del nuovo corso della Fim e della Cisl fin dai primissimi anni sessanta e, allo stesso tempo, di appartenenza democristiana?

Non è un caso che Marini concluda il proprio intervento attualizzando uno dei cardini dell'azione di Morelli: quello dell'unità tra le confederazioni, orizzonte costante non del passato, ma per il futuro.

Un'unità e in questo caso Marini, oltre che Morelli, sembra quasi echeggiare molti anni dopo Eraldo Crea e Bruno Trentin, che oggi non può che legittimarsi dal basso, come: "funzione essenziale della tutela del lavoro".

Uno dei temi più interessanti dell'intera parabola della sinistra sindacale (non solo cislina) è, anche nel rapporto con le tumultuose Acli dell'epoca (in particolare con Gioventù Aclista) l'attenzione al lavoro periferico, decentrato, povero, spesso addirittura a domicilio.

Un sindacato, quindi, che non agiva solo a partire dalle grandi fabbriche, dalle "grandi" lotte.

Scrivo tutto ciò in giornate di lutto, in cui nella provincia in cui vivo, Pistoia, si piange e si commenta la morte sul lavoro di un rider filippino di 47 anni: Romulo Sta Ana.

Le idee forza di cui, in tutti i decenni della sua straordinaria vita militante, ci da testimonianza viva Morelli ci raccontano, pur con molti sbandamenti, di un sindacato attento a saper "organizzare i non organizzati" o, meglio, come scriverebbe Saul Alinski i: "senza-potere", proprio come Romulo.

Un sindacato che vorremmo, insomma, sempre più ostinato nel saper guardare oltre il perimetro abituale della tutela e della rappresentanza.

E' proprio qui che Pippo Morelli ci aiuta ancora: è la forza delle proprie idee che permette di contaminarsi positivamente. Nella Cisl, ma anche nell'orizzonte di un'unità sindacale non di vertice, ma di tutela e rappresentanza effettiva del lavoro che cambia.

Come cambia ed è in divenire tutta la cultura della Cisl: ce lo diceva in maniera appassionata e appassionante proprio Giulio Pastore, nel 1951, al primo congresso confederale di Napoli.

Purtroppo, a giudicare certi commenti all'articolo di Enrico Giacinto, certe recidive vestali di un'unica interpretazione della storia e di un'impossibile ortodossia, continuano, invece, a guardare solo il proprio ombelico.

Occorre, invece, alimentare un pensiero profondo, non superficiale se, proprio dalla storia, anche con diverse prospettive e senza mai rinunciare ad un libero confronto dialettico, vogliamo cogliere insegnamenti utili per il presente e per il futuro della Cisl e, più in generale, del sindacato. 

Le domande che devono unire nel dialogo, non dividere nell'inamovibilità, sono quelle che pone Bruno Manghi nella prefazione al libro: "Da dove veniamo?", ma anche: "Chi siamo e dove andiamo?"

La Cisl, a mio parere, è sempre stata, è, e sarà (se non vuole tradire se stessa) un sindacato continuamente nuovo, immerso nei temi, nei problemi, nelle relazioni e nelle opportunità del proprio tempo. Un sindacato che, però, non può e non deve tagliare le proprie radici da sempre plurali, continuando ad impersonare un grande messaggio concreto di solidarietà, giustizia e partecipazione.

Per supportare tutto ciò, nei corsi di formazione sindacale, proviamo a trasmettere ai giovani non la morale del sedentario (quella delle medaglie e dei musei), ma l'etica del viandante, di chi si mette in cammino, consapevole dei propri valori, meglio delle proprie "idee-forza", senza rinunciare a contaminarsi positivamente, a mettersi in discussione.

Ringrazio quindi chiunque commenti il mio libro, anche con critiche feroci.

Ma vorrei che almeno facesse, prima, lo sforzo di leggerlo (non mi riferisco ovviamente a Enrico Giacinto che è stato, anzi, preziosissimo nel correggere lacune ed errori).

L'idea di possedere verità indiscutibili a me fa paura e, sinceramente, la trovo, aliena all'identità costitutiva e costituente della Cisl.

Continuare a negare una parte (certo non tutta luccicante, non priva di errori) della nostra storia significa quindi tradire il senso profondo e non ideologico del fare e dell'esistere del sindacato, un'esperienza che Pierre Carniti definiva con grande acutezza: "impossibile da dire".

Il sindacato riformista e confederale italiano è un grande luogo di donne e di uomini che, da ben più di un secolo, è frutto di un grande movimento democratico e di emancipazione dal basso. 

E' un'associazione, ma anche un movimento che si nutre, senza perdere una visione unitaria, anche del proprio, direi inevitabile e auspicato, pluralismo dei volti, degli sguardi e delle idee.

O, almeno, anche nel grazie all'aver ripercorso la bellissima "strada di Pippo Morelli, io la penso così.

Francesco Lauria

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